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Il film da vedere nel weekend Gli sdraiati, elegante e inaspettato

Il film da vedere nel weekend Gli sdraiati, elegante e inaspettato
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Regia: Francesca Archibugi.
Con: Claudio Bisio, Gaddo Bacchini, Cochi Ponzoni, Antonia Truppo, Gigio Alberti, Barbara Ronchi, Carla Chiarelli, Federica Fracassi, Sandra Ceccarelli, Giancarlo Dettori, Ilaria Brusadelli, Matteo Oscar Giuggioli, Donatella Finocchiaro, Gianluigi Fogacci.
Dove vederlo a Bergamo e provincia: qui.

 

Se si cercasse di fare un inventario delle forme che il cinema italiano sta assumendo negli ultimi anni si avrebbe senza dubbio un bel da fare. Autori e generi si mescolano continuamente, in accordo ad una tendenza più generale che interessa il cinema occidentale nel suo complesso. Ma, scendendo nello specifico, esistono delle qualità tipiche dei film italiani di questo periodo? Ce ne sono in effetti diverse, ma la più evidente è quella che accomuna film diversi ma ugualmente di successo come Gomorra, Suburra, Lo chiamavano Jeeg Robot. Si tratta di una messa in primo piano di spazi e città, rappresentati con toni cupi e spesso oscuri: la mafia è ovunque, non ci sono buoni e il male domina incontrollato, in una difficoltà etica generalizzata. Un cinema impegnativo (non sempre impegnato), che rielabora metodi e strumenti di quello americano ibridandoli con ambienti e problemi tipici della penisola.

 

 

Se questa è la linea dominante del cinema italiano mainstream, esistono delle alternative a questo modello? Sembrerebbe di sì e fa piacere constatare, soprattutto in questo periodo, come spesso siano le donne a proporre delle valide opzioni a questa narrazione dominante. Il caso di Francesca Archibugi, da questo punto di vista, è assolutamente emblematico e il suo ultimo film (Gli sdraiati), in questi giorni in sala, ce lo conferma. Si tratta di un’autrice ormai pienamente formata, che con il suo lavoro precedente (Il nome del figlio) ha espresso appieno gli elementi chiave della sua poetica. Un cinema di situazione e grande problematicità, che però si risolve sempre in scelte formali misurate ed eleganti.

La vicenda de Gli sdraiati muove da Giorgio, un giornalista televisivo separato da un’ex-moglie architetto; il vero protagonista è però il figlio Tito, adolescente svagato che si sta ancora formando. È la ricerca di un'identità quella che lo muove, un compito difficile a cui Giorgio è chiamato a partecipare come può. La forza del film, sorprendentemente, sta tutta in queste situazioni quotidiane, semplici, mai epicizzate eppure piene di significato, di interesse, di capacità introspettiva. È questa la marca autoriale della Archibugi, che si muove agilmente nelle situazioni “piccole”, ordinarie, che rifuggono (come abbiamo già ricordato) da quel gigantismo demoniaco di un Sollima o di un Garrone.

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C’è poi da ricordare, per non sottostimare (come spesso si fa) l’importanza del film, che Gli sdraiati è una sorta di peculiare adattamento dell’omonimo testo di Michele Serra. Un volume cardinale dove l’autore affronta senza pregiudizi e senza semplicismi l’enigma della paternità. Cosa vuol dire essere padre oggi? A quale sfide un uomo (magari lasciato solo dalla moglie) deve andare incontro per inserirsi fruttuosamente nella vita di un figlio che chiede al contempo di essere guidato e di essere lasciato libero di sperimentare?

Sono domande a cui non c’è un’unica risposta e che il film traduce in maniera cristallina grazie ad uno stile misurato, fatto di cenni, gesti, situazioni in cui chiunque può rispecchiarsi. Un film non straordinario rispetto alle situazioni ma rispetto alla profonda intimità che è in grado di trasmettere al suo spettatore. Tutto questo rende Gli sdraiati un film prezioso, strano e difficilmente collocabile in un panorama cinematografico che non è pensato per accoglierlo. L’accoglienza in sala di questa pellicola, raccomandatissima, dovrebbe premiare la capacità della regista di proporci un cinema altro.

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