Con un cast pazzesco

The Young Pope di Sorrentino Tutti i segreti dietro al successo

The Young Pope di Sorrentino Tutti i segreti dietro al successo
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Si è conclusa come nessuno avrebbe potuto prevedere, con un sorriso. L'austero e improbabile giovane papa alla fine diventa davvero e sorprendentemente papa. La serie tv più autoriale che sia mai stata girata dai tempi leggendari di Twin Peaks (regia di David Linch, primi anni Novanta) è finita facendo capire che c'è decisamente materiale per andare avanti e raccontare la maturità del protagonista. The Young Pope, com’è noto, è firmato dal più conosciuto e ambizioso dei registi italiani, il premio Oscar Paolo Sorrentino. Più che una serie tv come siamo abituati ad intenderle, questa si è rivelato in realtà un lungo film diviso in dieci puntate, che sono andate in onda a coppie, per cinque settimane. Sky ha puntato alto, con una produzione di qualità quasi ardita, ma ha vinto la sua scommessa: ascolti più che buoni per una pay tv e consensi della critica in tutto il mondo ottimi, quando non entusiastici. Finisce e tutti si chiedono come finisca, questa vicenda che probabilmente, visto il successo, avrà anche una ripresa: Sorrentino lo ha fatto capire. E ha fatto capire di avere già in testa lo sviluppo di questa storia assolutamente fuori dalla storia. Ma intanto tutti i fan sono in attesa del sequel di questa prima serie, senza poter capire dove il regista porterà il suo giovane papa.

Una provocatoria idea di papa. Ma quali sono i segreti di questa serie in apparenza così bizzarra? Il primo è proprio nella coerenza dell’idea: immaginare una figura di papa che sia sostanzialmente opposta a quella di papa Francesco. Quindi rigido, chiuso, con un’idea tutta verticale di Chiesa, giovane di età, e con un profilo psicologico ambiguo e drammatico. Per quanto possa sembrare provocatoria, questa idea non ha nulla di provocatorio: è una costruzione immaginaria imperniata su un personaggio tanto fosco quanto affascinante.

 

 

La Chiesa ovviamente c'entra, in quanto spesso si vanno a toccare questioni serie in modo non banale: ad esempio quella della progressiva distanza tra la chiesa stessa e il mondo, della marginalità a cui il cattolicesimo è stato spinto dall’avanzare della modernità. Il giovane papa (che si fa chiamare Pio XIII) non cerca consensi mediatici, esercita un potere assoluto; ma quella che sembra una prova di forza in realtà nasconde una complessità psicologica drammatica. Il giovane papa ha alle spalle delle voragini affettive, a cominciare dal rapporto con i suoi genitori, due hippie che lo avevano affidato ad un istituto di suore e non si erano mai fatti vivi. Per questo il film di Sorrentino viaggia sui due piani, quello pubblico e quello privato, incrociandoli continuamente e rendendo via via la vicenda sempre più profonda e drammatica.

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Un meraviglioso Jude Law. Ma l’altro grande segreto del successo di The Young Pope è stata la performance eccezionale dell’attore protagonista: l’americano Jude Law. Come si conveniva ad un papa che dopo essere eletto a sorpresa, toglie potere a tutti quelli che stanno attorno a lui e agisce in modo imprevedibile, Jude Law con la sua recitazione perfetta, mette in ombra il cast di primissimo ordine che lo circonda, a cominciare da Silvio Orlando e Diane Keaton. Altra arma che Sorrentino ha giocato con spregiudicatezza e coraggio è stata quella dei dialoghi: il film infatti procede spesso per lunghi incontri o scontri verbali, che tengono agganciato lo spettatore senza che nulla accada. Stupendo ad esempio quello in cui Pio XIII si confrontava con Stefano Accorsi, nella parte di un alter ego di Matteo Renzi, che non si capacita delle cose che quel papa gli sta via via dicendo.

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Un racconto di formazione. Alla fine il lungo film si svela per quello che esattamente era nella testa di Sorrentino: un romanzo di formazione di un uomo che, non si capisce come, viene eletto papa. Perché non si nasce papa già fatto, ma si diventa papa facendo i conti con la propria natura, i propri drammi personali, la propria storia. Specie se si si viene eletti a 40 anni. Da questo punto di vista il film di Sorrentino alla fine si rivela molto vero. E anche molto cattolico.

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