Andamenti economici

All'1% va il 20% della ricchezza (che però è nelle mani dei vecchi)

All'1% va il 20% della ricchezza (che però è nelle mani dei vecchi)
Pubblicato:

Sono 307mila le famiglie italiane che hanno più di un milione di euro: lo ha reso noto ieri l’annuale rapporto del Boston Consulting Group Global wealth 2017. Queste 307mila famiglie rappresentano l'1,2 per cento del totale ma controllano il 20,9 per cento della ricchezza finanziaria. Lo stesso rapporto che numeri e percentuali sono in crescita, e destinate a crescer anche nei prossimi anni: nel 2021 le famiglie milionarie saranno 433mila e controlleranno il 23,9 per cento delle ricchezze. Come ha ammesso Edoardo Palmisani, principal di Boston Consulting Group, il tasso di crescita della ricchezza dei ricchi è del 5/6 per cento all’anno.

 

 

Il trend del Belpaese. Il trend italiano non mostra particolari differenze rispetto a quello che è un trend global; anzi, negli Usa questo fenomeno di concentrazione della ricchezza è ancora più accentuato. L’Italia ha sofferto una minor crescita riconducibile principalmente, come ha spiegato sempre Palmisani, a riduzione di valore (cosiddetto effetto mercato) delle partecipazioni azionarie dirette e degli investimenti obbligazionari che avevano come controparte istituzioni finanziarie. Questo dato reso noto dal Rapporto di Boston Consulting Group è in linea con i dati resi noti qualche anno fa da Banca d’Italia: il 20 per cento degli italiani più ricchi deteneva il 64,6 per cento della ricchezza finanziaria (e il 20 per cento più povero solo l’1 per cento).  Nella classifica globale l’Italia si pone circa a metà classifica per concentrazione di ricchezza. Quindi non rappresenta un caso che si distingue dai trend globali.

La ricchezza italiana è per vecchi. Ciò che distingue l’Italia è un altro fattore messo in rilievo dall’analisi che Mario Deaglio ha realizzato per La Stampa. Innanzitutto c’è una questione demografica: in genere nel mondo si sta verificando una crescita delle ricchezze nelle mani delle ultime generazioni, come frutto del successo rapido di tante start up, non solo tecnologiche. In Italia invece sta avvenendo un fenomeno contrario: le ricchezze si concentrano sulle generazioni più mature che hanno una scarsa propensione al rischio e all’investimento. Come scrive Deaglio, «gli anziani comprensibilmente scelgono impieghi almeno apparentemente sicuri, come i titoli del debito pubblico; o addirittura lasciano i risparmi in forma semiliquida, il che riduce la possibilità delle banche di prestarli a chi vuol fare investimenti, creando posti di lavoro». In sostanza, conclude l’economista, in Italia la ricchezza rischia di ammuffire. Il denaro insomma non si fa mai talento, come invece auspica l’insegnamento del Vangelo.

 

 

Una soluzione possibile. Qual è la conseguenza di questa ricchezza impaurita e conservativa? Che non produce crescita, né sviluppo. Sul piano concreto, non genera lavoro. E quindi viene pagata sulla propria pelle in particolare dalle nuove generazioni. Quale potrebbe essere una soluzione che sblocca questo congelamento delle ricchezze? Deaglio lancia un’idea coraggiosa: incentivare il trasferimento di una parte delle risorse famigliari alle generazioni più giovani, senza attendere che gli anziani passino a miglior vita. I giovani hanno una propensione a un uso dinamico del denaro e questo genererebbe processi di crescita, creando così lavoro. In questo modo la ricchezza tornerebbe a produrre ricchezza. Magari limando le differenze che oggi segnano il profilo sociale del nostro paese.

Seguici sui nostri canali