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Bergamo ha voltato le spalle alla sua arte e ai suoi artisti

Bergamo ha voltato le spalle alla sua arte e ai suoi artisti
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In copertina, la Galleria Elleni in via Broseta

 

«Non c’è niente di meglio di un’opera d’arte per dare carattere a una casa, questo è importante saperlo. Il fatto è che, oggi, in molti se ne sono dimenticati». Paolo Bosc di professione fa il gallerista: l’arte è la sua passione e il suo lavoro. La galleria si chiama Triangolo Arte, si trova in via Palma il Vecchio, precisamente davanti al mastodonte progettato da Gambirasio e soci, il Triangolo costruito al posto dell’industria Zopfi a partire dagli Anni Ottanta. Bosc parla dell’arte, del momento difficile di trasformazione che si sta vivendo. Bergamo fino agli Anni Ottanta dava lavoro a una ventina di artisti di fama locale. Oggi o ti proietti su uno scenario nazionale o internazionale, oppure con la pittura e la scultura non ti mantieni più. Anche per le gallerie – di conseguenza – sembra arrivata una stagione autunnale.

 

Paolo Bosc di Triangoloarte

 

La galleria Triangolo Arte sta oltre un cancello di ferro, in un cortiletto. In questi giorni sono esposte opere di autori diversi, interessanti. A cominciare da Gaetano Orazio, con le sue figure fantasma, con le sue castagne d’acqua. Spiega Paolo Bosc: «Questo Gaetano Orazio ha fatto l’operaio per tutta la vita, poi è andato in pensione. L’arte è sempre stata la sua passione. A un certo punto, Daverio lo ha scoperto e ha scritto una recensione su di lui, così lo ha lanciato». Le opere di Orazio sprigionano un fascino, muovono delle emozioni. Sono quadri belli. «Nella società di oggi, il livello di istruzione è cresciuto, ma la sensibilità per l’arte è un’altra cosa, l’istr uzione non sempre ha a che fare con la sensibilità. Oggi abbiamo tanti laureati, ma una volta forse c’era più attenzione verso l’arte, anche da parte delle persone che non avevano studiato per nulla, persone semplici, operai, impiegati».

Bosc è convinto che il momento difficile che l’arte, e quindi le gallerie d’arte, stanno attraversando, sia frutto di un errore. Spiega: «È un momento così. Adesso si parla di portare l’arte in giro per la città, nei supermercati e negli ospedali. Giusto. Ma non bisogna confondere: la galleria d’arte è un luogo diverso e fondamentale. È un luogo dove tu non sei di passaggio perché devi fare la spesa oppure perché ti aspetta una visita medica. Nella galleria ci vai per vedere i dipinti, le sculture, i quadri. Ci vai per immergerti in un momento artistico. E ci trovi pure una persona esperta, che ti può spiegare delle cose, guidarti un po’».

 

La Traffic Gallery in via San Tomaso

 

L’arte nasce sempre da un contesto, da una storia. Bosc insiste su questo argomento. Dice: «Faccio questo mestiere da venticinque anni, ho ereditato la passione da mio padre corniciaio, ma anche da mio nonno che pure faceva cornici, ma per hobby. Le cose sono cambiate molto, la cultura, la società sono cambiate. Oggi abbiamo a Bergamo artisti bravi come Andrea Mastrovito o come Alessandro Verdi. Ma i nostri artisti fanno fatica, il mercato si è ristretto. D’altronde, oggi i figli non capiscono il valore dei quadri lasciati loro dai nonni, dai genitori. Non si capisce il valore di un’opera d’arte, è come se quel linguaggio fosse divenuto difficile da intendere, come se le persone faticassero ad avvertire le emozioni e quindi quanto un quadro possa essere importante per una casa. Oggi vengono da me e mi dicono: “Vorrei un quadro con queste tinte perché vanno d’accordo con le tonalità della casa...”. Mah. Oppure: “L’architetto mi ha detto di scegliere un’opera con queste forme”… L’arte come elemento di arredo. Capisce? Non per il suo valore di opera. Eppure anche nelle case “minima l” una bella opera d’arte con il suo significato starebbe bene, e non è detto che debba per forza essere intonata al colore della libreria».

La crisi del 2008 ha dato un colpo duro al mercato locale delle opere d’arte. Ma Bosc avverte: «Non contano tanto i soldi, quanto il gusto, la passione. Ci sono anche persone che non possono permettersi il macchinone, ma vengono qui, guardano, comprano, magari chiedono se possono pagare un po’ alla volta». Il contemporaneo è la frontiera dell’arte, il momento presente, quello con cui confrontarsi. «È difficile capire il contemporaneo – dice Bosc. – Ci siamo immersi, difficile discernerne il valore. Sfogli le riviste di dieci anni fa e trovi dei nomi che erano considerati delle stelle, e oggi non sai più dove siano finiti. Meteore. Però bisogna cercare di capire, vedo tanti giovani che si accostano a l l’arte contemporanea e questo è bello. Così come pure è positivo che ci siano grandi mostre che attirano centinaia di migliaia di visitatori. Certo, poi è lecito chiedersi quanti siano quelli che ci vanno per...»

 

Per leggere l’articolo completo rimandiamo a pagina 12 di Bergamopost cartaceo, in edicola fino a giovedì 19 luglio. In versione digitale, qui.

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