Domande che restano aperte

Il mistero dello Stade de France

Il mistero dello Stade de France
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Doveva essere l’inizio dell’apocalisse parigina, invece per fortuna qualcosa non è andato come gli attentatori avevano previsto. Il teatro era quelle dello Stade de France, dove si svolgeva l’amichevole di lusso tra Francia e Germania con François Hollande in tribuna. Tre terroristi kamikaze erano pronti ad entrare in azione secondo un piano che ci resta sconosciuto ma che è facile immaginare assolutamente terrificante. Che cosa è andato storto? Questo è quanto è emerso dalla ricostruzione di quei minuti fatidici.

La partita è prevista per le 21, ma nessuno dei tre attentatori sceglie di entrare allo stadio con tutti gli altri spettatori. Il primo ad affacciarsi ai tornelli di ingresso, alla porta D dello stadio, lo fa a dieci minuti dall’inizio. Ma una guardia lo perquisisce, capisce il pericolo e lo allontana. Si sa il nome di battesimo di questa guardia, Zouheir, immigrato e musulmano. «Erano passati pochi minuti dall’inizio dell’incontro» ha dichiarato l’uomo nell’interrogatorio, «quando si è presentato un ragazzo che ha provato a superare i tornelli con il biglietto in mano. Mi sono accorto però che aveva qualcosa di strano sotto la giacca».

 

 

Zouheir ha dato l’allarme ma non ha inseguito l’attentatore perché si è preoccupato di non lasciare sguarnito il tunnel che portava all’ingresso dei giocatori. La cosa strana, si scoprirà poco più tardi, è una cintura di esplosivo militare Tatp (perossido di acetone), riempita di bulloni e collegata a delle batterie con un detonatore a pulsante. L’attentatore che si è visto scoperto fugge lungo l’Avenue Jules Rimet, che in quel momento è fortunatamente deserto. Arrivato nei pressi di un chiosco, probabilmente per evitare di farsi prendere, si fa saltare per aria. Con lui muore un barista di nazionalità portoghese: sarà miracolosamente l’unica vittima della tentata strage allo Stade de France.

Passano tre minuti e all’altezza della tribuna H dello stadio un secondo attentatore si fa saltare per aria. L’esplosione ferisce 25 persone. Passa mezz’ora prima che anche il terzo kamikaze decida di farla finita: lo fa 400 metri dallo stadio nelle vicinanze di un Mc Donald’s. Tra i documenti ritrovati anche due passaporti, che appartengono a un siriano di nome Ahmad Al Mohammad, classe 1990, e a un egiziano, ma non è detto che siano i documenti reali.

 

 

Quali sono le ragioni di un flop così clamoroso? Una fonte altamente qualificata della Prefettura parigina aveva confidato questo all’inviato di Repubblica: «Abbiamo le prove che l’obiettivo fosse esattamente quello, a cominciare dai filmati delle telecamere di sorveglianza».

Ma gli osservatori sottolineano le stranezze nelle dinamiche di quanto accaduto: tre kamikaze che alla fine fanno un solo morto oltre a loro, in un luogo dove erano concentrate 80mila persone. Un luogo dove poche decine di minuti c’erano file di duemila persone in attesa di entrare e di passare i controlli. Un’operazione fallita in modo clamoroso, che secondo gli esperti evidenzia come pur avendo un’indole criminale della massima pericolosità, gli attentatori parigini avessero una capacità organizzativa molto lacunosa, imparagonabile con quella che aveva portato all’attentato alle Torri Gemelle. Il che identifica un terrorismo inedito, selvaggio, incontrollabile, anche meno preparato, a cui vanno bene tutti gli obiettivi, pur di  colpire “il nemico”.

 

Dans un tunnel de sortie du Stade de France, sortie dans le calme.... Et la Marseillaise. #fier

Posted by Karl Olive on Venerdì 13 novembre 2015

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