Un'indagine svedese

Il super export di armi dall'Italia

Il super export di armi dall'Italia
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Se c'è un settore, in Italia, che non sembra aver per nulla risentito della crisi economica degli ultimi anni è quello della vendita delle armi. Perché, qualora non lo sapeste, il nostro Paese è uno dei più importanti esportatori di strumenti bellici di tutto il mondo. A riferirlo è lo Stockholm International Peace Research Institute (Sipri), un centro di ricerca internazionale svedese, che certifica che l'Italia negli ultimi quattro anni ha incrementato del 48 percento la produzione di armamenti. Dagli elicotteri da combattimento A-129C Mangusta, ai cannoni navali Super Rapid fino ai sistemi di intercettazione radar: la tecnologia bellica nostrana sembra essere particolarmente apprezzata da tutto il mondo (qui trovate il dettaglio degli armamenti che esporta l'Italia, Stato per Stato).

A questi dati occorre aggiungere, inoltre, il mercato nero, ovvero quello in cui si comprano armi di piccolo taglio, come pistole e vari altri tipi di strumenti leggeri. «Negli anni l'Italia ha consegnato grandi sistemi di armamento, e sviluppato relazioni con nuovi beneficiari. Il Paese sembra aver tratto giovamento dal generale incremento del commercio di armi, che segna un 14 percento in più a livello globale, e mostra alcune importanti commesse per il periodo di riferimento», ha spiegato Aude Fleurant, esponente del Sipri. I nostri principali acquirenti sarebbero Emirati Arabi, India e Turchia (qui il grafico completo), generando un giro d'affari di svariati miliardi di euro.

 

Export

I maggiori esportatori di armi al mondo. L'Italia è all'ottavo posto.

 

Chi esporta dall'Italia? Dominus assoluto del mercato bellico italiano è il gruppo Finmeccanica, che possiede - o perlomeno partecipa - la maggior parte delle aziende produttrici. Ma anche Iveco, Piaggio Aero Industries, Elettronica, oltre naturalmente alle imprese specializzate. Piaggio Aero, per esempio, ha recentemente concluso un accordo da 316 milioni di euro con le forze armate degli Emirati Arabi per la vendita di otto droni militari non armati di ultima generazione. Finmeccanica, invece, ha stipulato un'intesa, di cui non si conoscono le cifre, con il governo indonesiano, volto a fornire ai velivoli da guerra i nuovissimi sistemi radar Seer. Similmente, il Governo italiano avrebbe stilato un pre-accordo con il Kuwait per la fornitura di 28 caccia Eurofighter. La firma definitiva con Finmeccanica è slittata più volte in questi mesi, ma qualche settimana fa l'amministratore delegato Mauro Moretti ha assicurato di essere vicino alla chiusura della trattativa con il Paese della penisola arabica. Anche perché i numeri sono molto rilevanti: in ballo ci sarebbero ben 8 miliardi di euro, la metà dei quali spetterebbero proprio a Finmeccanica. E si potrebbe andare avanti con i 59 elicotteri da combattimento e i 30 cannoni navali venduti alla Turchia, e molto altro ancora.

 

Top 10 arms exporters_2011-15 Top 10 arms importers_2011-15

I dieci maggiori esportatori e importatori di armi al mondo. Nei primi figura l'Italia.

 

Ma non si può vendere a chiunque. Ma che si tratti di un elicottero da combattimento o di un singolo proiettile, la normativa che autorizza la vendita di armi, in Italia, è particolarmente stringente e cavillosa. Le esportazioni di armi sono infatti regolate dalla legge 185/1990, che ha introdotto una serie di limitazioni e prevede come necessaria l'autorizzazione del Ministero degli Esteri. Il divieto di vendita scatta, come si legge al punto 6 dell'articolo 1, «verso i Paesi in stato di conflitto armato in contrasto con i principi dell'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite», in caso di contrasto con l'articolo 11 della Costituzione, dove si dice che «l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli», e verso i Paesi «nei cui confronti sia stato dichiarato l'embargo totale o parziale delle forniture belliche da parte delle Nazioni Unite o dell'Unione europea o da parte dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa». È inoltre vietato vendere a quei Paesi «i cui Governi sono responsabili di gravi violazioni delle leggi internazionali in materia di diritti umani».

Parrebbe, però, che si tratti di una serie di ostacoli facilmente aggirabili: secondo Maurizio Simoncelli, vicepresidente dell'istituto di ricerche Archivio Disarmo, la legge conterrebbe «delle clausole che permettono ai nostri governi di aggirare facilmente l'ostacolo, stipulando accordi con paesi in guerra o limitandosi a non operare solo nei confronti di quelli verso cui vigono embarghi o condanne unicamente ad opera di tre organismi internazionali (Onu, Ue, Consiglio d'Europa). Informazioni di violazioni dei diritti umani ad opera di Amnesty International o Human Rights Watch non vengono di fatto prese in considerazione e pertanto l'export prosegue indisturbato».

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