Uno studio internazionale

La personalità è scritta nel cervello

La personalità è scritta nel cervello
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Non sarebbero solo i geni o le esperienze di vita a formare la nostra personalità. Molto dipenderebbe anche dal cervello e dalla sua struttura anatomica, riferita in particolare all’area occupata all’interno della scatola cranica, al numero dei ripiegamenti del cervello stesso, così come dal suo spessore. La teoria, sviluppata e proposta da un gruppo di ricercatori internazionali e pubblicata sulla rivista Social Cognitive and Affective Neuroscience, prova a giustificare la classificazione, definita dalla psicologia, secondo cui  la personalità si differenzierebbe in cinque tipologie che governano comportamenti e reazione agli stimoli.

 

 

Lo Human Connectome Project. Tutto parte da qui, da un precedente progetto cui hanno partecipato 500 volontari tra i 22 e i 36 anni, non affetti da disturbi di carattere neurologico, psichiatrico o di altro rilievo, finanziato dai National Institutes of Health, che aveva lo scopo di mappare il cervello umano. E così, sfruttando la disponibilità di risonanze magnetiche cerebrali, un gruppo di ricercatori internazionali italiani, dell’Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche Ibfm-Cnr, dell’Università Tor Vergata di Roma e dell’Università Magna Græcia di Catanzaro, inglesi, dell’Università di Cambridge, e americani, dell’Università della Florida, hanno rianalizzato quelle stesse immagini. Questa volta però focalizzando l’attenzione sulla corteccia cerebrale, lo strato più esterno del cervello e sede delle funzioni cognitive più complesse tra cui il pensiero, la coscienza e la memoria, e almeno tre varianti morfologiche: lo spessore, l’area di espansione all’interno della scatola cranica e il numero di fessure e rigonfiamenti della superficie cerebrale che identificano il grado di ripiegamento corticale.

 

 

Cinque personalità cerebrali. L’analisi di quelle immagini e dei tre specifici parametri, nell’intento dei ricercatori, aveva un chiaro obiettivo: stabilire se le diverse caratteristiche anatomiche fossero in grado di influenzare o determinare lo sviluppo di personalità differenti che la psicologia classifica oggi in cinque tipologie: il nevroticismo, riferito a un soggetto con l’instabilità emotiva; l’estroversione che qualifica quanto una persona sia energica che entusiasta; l’apertura all’esperienza, ovvero la predisposizione a sperimentare il nuovo; l’amichevolezza, indice di altruismo e capacità empatica, e la coscienziosità, che renderebbe la persona capace di auto-controllo e senso di responsabilità.

L'insorgenza di disturbi. Ma non solo: il fine era anche e soprattutto quello di capire se queste caratteristiche strutturali favorissero oppure no l’insorgenza di disturbi o patologie mentali. Le ricerche paiono non avere deluso le aspettative degli esperti i quali, dall’osservazione delle risonanze magnetiche, avrebbero rilevato che elevati livelli di nevroticismo, associato a un aumentato rischio di sviluppare ansia e depressione, si correla anche a uno spessore maggiore della corteccia e a una riduzione dell’area e del numero di ripiegamenti cerebrali, specie nella parte prefrontale e temporale. L’esatto opposto accadrebbe nel caso dell’apertura all’esperienza, che predispone alla curiosità, creatività e ottimismo, dove si evidenzierebbe invece una riduzione dello spessore corticale e un aumento dell’area e girificazione della corteccia prefrontale.

 

 

L'evoluzione della specie. È colpa anche dell’evoluzione della specie. Durante la crescita, ma anche nel percorso evolutivo della specie, spiegano gli esperti, proprio in risposta al processo di maturazione il cervello subirebbe uno stiramento corticale, ovvero diminuirebbe lo spessore della corteccia a vantaggio di uno sviluppo dell’area e grado di girificazione (ripiegamento) corticale. In buona sostanza, il cervello in evoluzione si espanderebbe in maniera più rapida di quanto faccia la scatola cranica che lo contiene il cui processo di crescita sarebbe invece molto più lento.

Le influenze sulla personalità. Anche la personalità con il tempo si trasformerebbe, come a dire che l’anzianità porta saggezza e consiglio anche a questo aspetto del nostro io. Pare infatti che, mano a mano che maturiamo, i livelli di nevroticismo tendano a diminuire rendendoci così più capaci di controllare e gestire le nostre emozioni, specie quelle negative, dando spazio a un maggior grado di coscienziosità e amichevolezza, che significano più responsabilità e meno componente agonistica. Forti di queste informazioni sulle componenti neuronali, l’obiettivo dei ricercatori è ora capire se esse possano associarsi anche a un possibile sviluppo dei disturbi psichici e mentali, primo fra tutti quelli dell’umore e comportamentali.

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