I nomi degli eletti e le reazioni

Ubi Banca, è una vera rivoluzione Proviamo a spiegarvi perché

Ubi Banca, è una vera rivoluzione Proviamo a spiegarvi perché
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Quello che è successo all'assemblea di Ubi Banca tenutasi sabato 2 aprile a Brescia è una vera e propria rivoluzione. La lista di minoranza dei fondi ha infatti battuto la lista di maggioranza sostenuta dal Patto di sindacato che raggruppa gli azionisti storici di Ubi. Gli investitori istituzionali hanno ottenuto il 51,1% dei voti in assemblea a fronte del 48,48% dei voti ottenuti dal cosiddetto "Listone" presentato dal Patto tra gli azionisti storici di Bergamo, Brescia e Cuneo. Nonostante ciò, la lista dei fondi non avrà la maggioranza del Consiglio di sorveglianza avendo presentato soltanto tre candidati, ovvero Giovanni Fiori, Paola Gannotti e Patrizia Giangualano, mentre Andrea Moltrasio, Mario Cera e Armando Santus, ovvero i primi tre rappresentanti della lista del Patto, sono entranti in quota nei posti riservati alla lista di minoranza. L’assemblea ha poi integrato il Consiglio di sorveglianza con altri 9 nomi presenti nel “Listone”: Gian Luigi Gola, Pietro Gussalli Beretta, Pierpaolo Camadini, Letizia Bellini Cavalletti, Renato Guerini, Giuseppe Lucchini, Francesca Bazoli, Sergio Pivato e Alessandra Del Boca. Bergamo chiude dunque questa complicata partita con soltanto tre nomi: Moltrasio, che è stato confermato presidente del Consiglio di sorveglianza, Guerini e Santus.

Per la prima volta, dunque, i fondi hanno dimostrato tutta la loro potenza di fuoco e se non si sono presi completamente il controllo di Ubi è soltanto perché non hanno voluto: presentando soltanto tre candidati (i quali già in precedenza avevano dichiarato la propria volontà irrevocabile a non assumere la carica di presidente e vicepresidente del Consiglio di sorveglianza) avevano di fatto già evitato la possibilità di ottenere la maggioranza del CdS.

 

andrea moltrasio

 

Il presidente del Consiglio di sorveglianza, Andrea Moltrasio, capolista della lista sostenuta dal Patto, ha così commentato l'esito dell'assemblea:«È il primo salto alla Fosbury. Sono i grandi momenti di discontinuità della storia che bisogna saper affrontare» ha dichiarato citando lo scrittore Alessandro Baricco. Successivamente, Moltrasio ha aperto alla possibilità di un’aggregazione bancaria, ma solo a determinate condizioni. «La cosa più importante è che si abbia chiaro che tipo di banca e di missione si vogliono realizzare. Ad ogni modo, dobbiamo avere ben presente i principi della nostra governance e il fatto che siamo una banca che vuole rimanere solida». Il Ceo Victor Massiah ha invece precisato che Ubi Banca non ha «nessun dossier aperto» in tema di fusioni dopo il fallito tentativo di integrazione con Bpm, aggiungendo anche che «le statistiche dicono che solo un’operazione su due crea valore e ha successo». Per poter essere una «buona operazione» una fusione «deve avere chiarezza assoluta sulla creazione di valore e sulla governance. Non ci si può permettere di creare soluzioni bizantine perché altrimenti i piani non si portano a casa».

 

Alcune considerazioni

1) La vera novità. La novità assoluta dell'assemblea, alla quale dovremo abituarci, è stata non solo la presenza dei fondi, ma la loro vittoria. Il risultato del voto, oltre che aver sentenziato la limitazione a tre soli rappresentanti di Bergamo (e 8 di Brescia) sui 15 complessivi, afferma inequivocabilmente che se i fondi avessero presentato una lista di 15 componenti, anziché volutamente ridotta a tre, avrebbero governato la banca con tanti saluti alla rivalità tra Bergamo e Brescia ed a tutte le altre riflessioni lette sulla stampa in questi giorni.

Il risultato è stato infatti che la lista costituita dai fondi ha ottenuto il 51,106% dei voti rappresentanti 222.870.130 € del capitale sociale, mentre la lista numero 1, nata dall'accordo tra il Patto dei Mille e quello della Leonessa  ha ottenuto solo il 48,48% dei voti  rappresentanti 211.420.591 € del capitale sociale. Questo significa certamente la presenza in consiglio di soggetti qualificati e quindi di accurato e istantaneo controllo della gestione, ma con visione, obiettivi e strategie diverse da quelli ispiratori delle vecchie banche popolari. Di questa importante variabile bisognerà tenere conto in futuro. Per la cronaca erano presenti circa 3027 soci, in proprio (circa 1500) o per delega, rispetto ai 4300 biglietti di ammissione richiesti, rappresentanti circa il 49% dell'intero capitale sociale della banca, pari a 2.254.371.430 suddiviso in 901.748.572 azioni.

2) Un’assemblea tranquilla. Chi si aspettava un'assemblea animata dagli interventi polemici dell’ultimo periodo è rimasto deluso. Non si è registrato alcun intervento da parte dei rappresentanti dell’associazione "Ubi, Banca Popolare" (che aveva fatto sentire la propria voce attraverso le lettere sulla stampa locale di alcuni dei suoi esponenti come Gianantonio Bonaldi e Doriano Bendotti), né da parte dell'associazione "Ubi banca ci siamo", capeggiata da Giorgio Jannone. Tra le altre sigle storiche, l’associazione "Amici di Ubi banca", che contava quasi 1400 soci, si è sciolta qualche giorno fa non avendo più ragione di esistere dopo la trasformazione in Spa, avendo nel suo statuto la difesa del modello cooperativo e federale. L'unico intervento è arrivato da "Insieme per Ubi", associazione dell'area pavese e milanese, attraverso il suo presidente Mario Bianchi il quale, dopo essersi complimentato col Consiglio uscente e aver espresso il proprio sostegno alla lista unitaria presentata da Aldo Poli, ha auspicato che in futuro venga abbandonato il sistema fino ad ora utilizzato di spartirsi le poltrone tra Bergamo e Brescia, con qualche presenza per Cuneo, attraverso quello che  ha definito una sorta di manuale Cencelli nella scelta dei membri del consiglio di sorveglianza. Bianchi ha portato avanti l’idea di adottare un sistema che tenda a premiare soggetti con competenze professionali specifiche indipendentemente dalla provenienza territoriale. Ha inoltre affermato che il tempo della banca federale è venuto meno, con la necessità di avere un'identità globale.

3) La banca unica. Proprio questo tema è stato il più rimarcato nell'intera assemblea da parte di numerosi soci intervenuti, sia da quelli ritenuti vicini all'attuale management che dagli stessi sindacati: abbandono dell'attuale modello federale e sostegno alla banca unica per migliorare l'efficienza e ottenere una riduzione dei costi, che qualcuno ha ipotizzato nell'ordine di 100-150 milioni l'anno, pari circa all'utile distribuito quest'anno (123 milioni). Il problema sarà, come ha rimarcato il presidente Moltrasio, come coniugare la banca unica, che è comunque una priorità, con una banca che resti vicino a famiglie e territori per mantenerli competitivi e attrattivi, finanziando fiere, aeroporti e imprese. Su questo il Consiglio di Sorveglianza e il Consiglio di Gestione, con l'amministratore delegato Victor Massiah, dovranno  lavorare molto, se come si ipotizza l'intento è arrivare al "bancone" entro fine anno, prima della scadenza dei consigli di amministrazione delle banche rete prevista per aprile 2017.

4) Il sistema duale. È singolare che mentre da più parti si è parlato di razionalizzazione e contenimento dei costi attraverso l'aggregazione delle banche rete, nessuno ha sollevato il problema del passaggio dal sistema duale al sistema monistico. La banca Intesa Sanpaolo ha fatto recentemente lo stesso passaggio abbandonando il sistema monistico a favore del duale e Ubi banca resta ad oggi una delle poche ad adottare il duale con la presenza di un Consiglio di Sorveglianza e un Consiglio di Gestione.

5) Matteo Zanetti nel Consiglio di gestione. Resta ora da sciogliere solo il nodo dei componenti del Consiglio di gestione, la cui nomina spetta statutariamente al Consiglio di sorveglianza, ma che di fatto deriverà dagli accordi tra le due anime espresse dai patti parasociali. Voci insistenti danno che anche qui sarà Brescia a farla da padrone con quattro componenti, mentre a Bergamo potrebbe spettarne uno solo, che con molta probabilità sarà Matteo Zanetti, rappresentante della famiglia che storicamente ha governato la Banca Popolare di Bergamo e che oggi detiene il pacchetto azionario più consistente all'interno del Patto dei Mille.

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