Mancano ancora tutele fiscali

Arriva in Italia la birra artigianale La legge, infatti, non la prevedeva

Arriva in Italia la birra artigianale La legge, infatti, non la prevedeva
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Sarà che il termine “artigianale” ci fa pensare a qualcosa di piccolo e poco diffuso, ma oggi non è più possibile parlare del fenomeno brewery senza considerarlo un fenomeno economico di grande rilievo nel nostro Paese. Mentre l’Italia ristagna in un Pil che pare proprio non volerne sapere di rialzarsi, il mondo delle birre artigianali italiane non conosce crisi. Anzi, proprio negli anni della crisi questo settore economico ha conosciuto il suo boom. Un po’ perché gli italiani stanno ritrovando, anno dopo anno, il piacere per i prodotti di qualità; un po’ perché i veri protagonisti di questo fenomeno sono soprattutto i giovani, ovvero under 30 che, davanti alle difficoltà di trovare uno sbocco professionale “classico”, hanno provato a seguire una passione, trasformandola poi in un lavoro. Nessuno diventa ricco probabilmente, ma i fatturati, negli ultimi 5 anni, sono cresciuti enormemente, arrivando a toccare cifre che oscillano tra 50mila e i 250mila euro l’anno a fronte di una produzione media tra 500 e 1.200 litri l’anno. A Bergamo abbiamo un esempio lampante del fiorente mercato di questo settore: il Birrificio Indipendente Elav, che in 5 anni si è imposto nella Bergamasca e in tutta Italia, riuscendo a creare un piccolo “impero” attorno alle proprie eccellenti birre.

 

birrificio endorama foto devid rotasperti (1)

 

Se nel 2005 si contavano appena 30 microbirrifici artigianali, oggi ne sono stati censiti più di mille. Altro che moda, il luppolo inizia a incidere anche sul Pil. E non è cosa da poco, visto che questo settore dà lavoro, secondo le ultime stime, ad almeno 5mila under 35 italiani (inclusi i beershop) e ha visto una crescita delle esportazioni pari al 10 percento negli ultimi due anni. Una fotografia di questo successo è arrivata, proprio pochi giorni fa, da Rimini, dove fino al 23 febbraio si è tenuto il Beer Attraction, la festa internazionale dedicata a birrifici e brewpub, specialità birrarie, tecnologie e materie prime. Giunta alla sua undicesima edizione, la manifestazione (che l’anno scorso premiò, come miglior bionda d’Italia proprio una birra bergamasca) è cresciuta di in anno in anno, fino ad assumere le considerevoli dimensioni attuali: 26 categorie, 150 birrifici in gara e quasi mille birre giudicate da una giuria internazionale di esperti.

In Italia, però, non esisteva. Eppure, nonostante tutto questo, fino a pochi giorni fa, nel nostro Paese, non esisteva la birra artigianale. L’Italia, infatti, mancava di una normativa che fosse in grado di regolamentare il settore e che, di fatto, riconoscesse l’esistenza di questo prodotto. Basta ricordare come, nel 2011, il birrificio Almond 22 di Pescara fosse stato multato dal Ministero delle Politiche Agricole per avere apposto la dicitura “Birra Artigianale” sull’etichetta dei suoi prodotti. L’assenza di una normativa, inoltre, permetteva un po’ a tutti di fregiarsi del titolo di “birrificio artigianale”, anche a quelle attività che di artigianale hanno ben poco. Fortunatamente, proprio nei giorni scorsi, nel bel mezzo della turbolenta approvazione della legge sulle unioni civili, Camera e Senato hanno anche approvato una legge che va a normare e, di fatto, a riconoscere l’esistenza delle birre artigianali. Merito di questo successo è in gran parte da ascrivere a Giuseppe Collesi, presidente della Fabbrica della Birra Tenute Collesi e portavoce di altre aziende marchigiane, il quale, insieme al Comune di Apecchio e all’Associazione Nazionale Città della Birra, a inizio gennaio aveva presentato alla Camera dei Deputati, durante un’audizione davanti alla Commissione Agricoltura, una norma che andasse finalmente a regolamentare il settore.

 

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Cosa dice la nuova norma. Più che una nuova legge, stiamo parlando di un emendamento al DDL C. 3119 in materia di semplificazione e sicurezza agroalimentare, legge che disciplina la produzione e il commercio della birra e risalente addirittura al 1962. Questa normativa classificava la birra a seconda del livello di grado Plato (ovvero il livello zuccherino del mosto prima della fermentazione): per questo l’Italia permetteva una classificazione delle birre soltanto in termini di birra analcolica, birra leggera e così via, fino alla birra doppio-malto. Una legge che non faceva distinzioni tra le birre in base al loro contenuto. Con l’emendamento approvato, invece, finalmente l’Italia ha una vera definizione normativa di birra artigianale:

«Si definisce birra artigianale la birra prodotta da piccoli birrifici indipendenti e non sottoposta, durante la fase di produzione, a processi di pastorizzazione e microfiltrazione. Ai fini del presente comma si intende per piccolo birrificio indipendente un birrificio che sia legalmente ed economicamente indipendente da qualsiasi altro birrificio, che utilizzi impianti fisicamente distinti da quelli di qualsiasi altro birrificio, che non operi sotto licenza e la cui produzione annua non superi i 200.000 ettolitri, includendo in questo quantitativo le quantità di prodotto per conto terzi»

Questa norma, con i limiti che comporta, esclude la possibilità che grandi produttori nazionali o internazionali si fregino del titolo di “birrificio artigianale”, tutelando così le centinaia di piccole attività locali che hanno portato al Rinascimento di questo prodotto. Allo stesso tempo, però, c’è chi critica il limite di 200mila ettolitri di produzione annua, ritenendolo eccessivo e letto come un’apertura a medie produzioni piuttosto che una salvaguardia delle micro.

 

birra bottiglie

 

Solo un primo passo. Purtroppo, però, non arrivano solo buone notizie dalle stanze dei poteri romane: dall’1 gennaio 2016, infatti, dopo una serie di aumenti reiterati che avevano costretto molti produttori di birra artigianale a rivedere all’insù i prezzi, le accise sono salite a 45 centesimi per ogni euro di birra. Uno sproposito, come sottolinea Chiara Gagnarli, portavoce del Movimento 5 Stelle e tra i soggetti proponenti della norma: in questo modo, lo Stato italiano non fa alcuna differenziazione tra microbirrifici e grandi industrie né per quanto riguarda l’imposizione fiscale, né per quanto riguarda i volumi (e i costi) di produzione. Proposte di legge al riguardo ce ne sono, come quella del deputato Marco Di Maio, primo firmatario di una proposta che prevede sgravi fiscali per i piccoli produttori, ma ancora nulla è stato deciso. Per ora accontentiamoci di sapere che, finalmente, in Italia esiste a tutti gli effetti la birra artigianale. È già qualcosa.

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