Quasi tre decenni alla Dea

«Che bella questa giovane Dea» Due chiacchiere con Mino Favini

«Che bella questa giovane Dea» Due chiacchiere con Mino Favini
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L’Atalanta di oggi, quella che fa sognare tutti quanti, parte da lontano e ha radici precise. Il grande lavoro di Gasperini è evidente e i suoi meriti sono tantissimi, ma i ragazzi che stanno stupendo tutti oggi sono figli di un vivaio che per tanti anni è stato guidato dal grande Mino Favini. Da un anno e mezzo la società ha deciso di puntare sull'ex Chievo Maurizio Costanzi, il lavoro è cambiato ma il punto di riferimento dei giovani che ha scritto la storia fin dai tempi del primo Percassi non si può dimenticare.

Siamo andati ad Orsenigo e nel centro sportivo del Como abbiamo incontrato l’uomo che per oltre 25 anni ha diretto il serbatoio dei giovani atalantini. Il “Mago di Meda” adesso fa il pensionato quasi a tempo pieno e sente molto la mancanza della moglie Paola, scomparsa nell'ottobre del 2014. La passione per il calcio non è mai scemata e, anche se gli anni avanzano (lo scorso 2 febbraio ha toccato quota 80 primavere), la sua passione resta viva. Bergamo e l’Atalanta gli mancano tantissimo, ma in questo momento è qualche acciacco fisico a dargli preoccupazione.

 

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Mino Favini, prima di tutto la salute: come sta?
«Non ho passato un bel periodo. Per due mesi ho dovuto portare un particolare tutore protettivo, mi sono rotto un tendine d’Achille e rischiavo di farmi seriamente male anche all’altro. Tutta colpa di un medicinale che mi ha attaccato i nervi e mi stava sfilacciando le fibre. Dopo l’operazione sono riuscito a recuperare, cammino e posso guidare, ma in generale devo stare molto attento. In questo periodo ho dovuto interrompere la mia collaborazione con il Como, a breve le riprenderò ma devo dire che non ho un contratto vero e proprio con la società lariana».

È ufficialmente in pensione? Fa effetto anche solo pensarlo...
«Direi di sì, ormai ho passato gli 80 anni e le cose sono cambiate. Faccio il consulente per il Como, mi piace stare sul campo e seguire i ragazzi e cerco di dare il mio contributo. Abito a Meda, il centro di Orsenigo è ad una ventina di minuti d’auto dai campi dove giocano i ragazzi biancazzurri, quindi vengo spesso. Non vado molto in giro in altri campi, però mi piace aver ritrovato qui ragazzi come Gallo, Galia e tanti altri: li ho conosciuti da bambini, li rivedo da tecnici ed è davvero un gran piacere».

E l’Atalanta? A Bergamo si sogna!
«Seguo con grandissimo affetto la prima squadra e il settore giovanile, sono in contatto con Giancarlo Finardi e con altri che lavorano a Zingonia. I due scudetti conquistati l’estate scorsa sono un grande risultato, quello dei 1999 l’avevo previsto perché in quel gruppo ci sono elementi di grandissimo spessore: sono quasi tutti ragazzi miei, conoscevo bene il loro valore e quindi non poteva andare diversamente. I piccoli mi hanno stupito di più, anche in quel gruppo ci sono dei valori interessanti ma credevo venissero fuori più avanti».

 

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Nel gruppo dei ‘99 ci sono ragazzi che sembrano già pronti...
«Direi di sì. Chiaramente sul campo si vede molto bene quello che certi ragazzi possono fare. Melegoni, Capone, Mallamo, Bastoni, Latte e molti altri hanno qualità, sono giocatori veri che possono diventare molto presto una risorsa per la prima squadra. Gasperini li fa allenare spesso con il suo gruppo e li verifica sul campo, non ho parlato con lui ma mi dicono che la considerazione è totale e c’è grande attenzione su di loro: hanno bisogno di un po’ di muscoli e di crescere ma la strada è tracciata».

Li ha scoperti lei?
«Fatico ad individuarne qualcuno perché sono quasi tutti elementi che sono passati dal mio lavoro. Più i classe 1999 rispetto ai classe 2001, ma dal punto di vista dei giovani delle due formazioni più a ridosso della prima squadra, l’Atalanta è davvero in una bella situazione. Pensando alle scelte di campo che ha fatto il tecnico Gasperini, devo dire onestamente che qualche dubbio su Petagna l’avevo e invece mi sto ricredendo. Caldara e Gagliardini sono in rampa di lancio, Conti sta facendo molto bene, anche se era un ragazzo per cui nutrivamo dei dubbi caratteriali».

Le prestazioni hanno tolto ogni dubbio?
«Assolutamente sì. Stanno giocando con continuità tutti, sono ai primi posti delle scelte del tecnico e quando scendono in campo fanno sempre molto bene e la squadra trae beneficio dalle loro prestazioni. La situazione è la migliore che poteva capitare, complimenti allo staff e un bravi anche ai ragazzi che non falliscono nemmeno un'occasione».

 

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Le mancano Bergamo e l’Atalanta?
«Certo che mi mancano, tantissimo. Mi manca la società, mi manca la città, mi manca l'ambiente. Tutto. Forse tornerò a vedere qualche partita a Zingonia quando ci giocherà il Como ma non ho né impegni né programmi specifici. Come ho detto, sento spesso Finardi, Bonacina l’ho appena visto ad una gara del Como e ci siamo salutati restando insieme a vedere la partita. Con il presidente Percassi mi sono lasciato bene, non ci sono problemi di alcun tipo, ma non ho più avuto l’occasione di rivedermi con nessuno. Adesso sono spesso a casa e devo pensare che la vita va avanti».

La passione è sempre la stessa?
«Quella non manca mai, assolutamente. Però con l’avanzare dell’età è normale essere meno vispo, meno vivo di prima. L’occhio è quello di sempre ma qualche difficoltà in più c’è, non posso negarlo. È il naturale evolversi delle cose».

Delle sue nidiate, qualcuno che sta ancora aspettando c'è?
«Tanti giocatori sono arrivati, ma tutti hanno avuto una storia diversa. Prendete Gabbiadini: mi chiamano spesso da Napoli per chiedermi cosa penso della sua situazione ma io rispondo che Manolo ha un carattere particolare, è molto timido e quindi forse ha bisogno di più tempo, di qualcosa di diverso. Sta sicuramente cercando di lavorare duro per esprimersi al meglio. La crescita e il cambiamento sono personali ma le qualità non mancano».

 

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Percassi sarà felicissimo del momento della Dea, ha tenuto duro quando tutti volevano la testa del Gasp...
«Ha sempre vissuto con l’idea di portare avanti i nostri giovani. Ogni allenatore che arriva, però, ha una sua storia e una sua dimensione, i 3 punti condizionano molto le scelte e non sempre si può fare quello che si vuole per puntare sui ragazzi in prospettiva. Se fai giocare i giovani ma la classifica non ti sostiene, tutto diventa più difficile. Forse ha anche pensato di cambiare tecnico in un certo momento, ma ha tenuto duro e adesso tutto gira per il meglio. Avanti così».

Del “metodo Favini” a Zingonia è rimasto qualcosa?
«Penso di sì, Finardi la pensa come me e lui rappresenta in qualche modo la continuità con il passato, con il mio lavoro. Il nuovo responsabile del settore giovanile, Costanzi, magari ha un’impostazione un po’ diversa ma sono importanti le due anime del lavoro. Credo che in prospettiva si possano fare cose molto buone, le strutture sono importanti e migliorano sempre, questo è un elemento che garantisce l’Atalanta nel medio- lungo periodo».

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