È la prima volta che succede

Com'è che il Piccolo ha raccolto più abbonati di Milan e Inter

Com'è che il Piccolo ha raccolto più abbonati di Milan e Inter
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Con quale bacchetta magica il Piccolo Teatro di Milano è riuscito per la stagione 2015/2016 a raccogliere più abbonati di Milan e di Inter? I dati sono sorprendenti: + 5 percento sulla stagione precedente, con un incremento spinto soprattutto dal pubblico giovane, che è aumentato dell’8 percento. Così se l’Inter porta 23mila fedelissimi a San Siro e il Milan decadente 19mila, il teatro fondato da Paolo Grassi e Giorgio Strehler supera i 25mila “tesserati”.

 

 

Ci sono molti motivi che possono spiegare questo exploit. Il primo riguarda l’intelligente flessibilità dell’offerta (16 proposte diverse!), che ha permesso di adattarsi non solo ai gusti di pubblici diversi, ma anche ai diversi portafogli. La seconda ragione sta nella qualità sempre più alta della programmazione del teatro milanese: una programmazione che dispone di tre sale, quindi molto intensa. Ma soprattutto una programmazione che per merito del suo grande direttore artistico morto lo scorso anno, Luca Ronconi, si è coraggiosamente inoltrata verso un teatro capace di dialogare con l’attualità. L’ultimo spettacolo del regista, la Lehman trilogy, con un testo del giovane Stefano Massini, che indagava sulle origini della grande crisi dei subprime, ebbe un successo inaspettato e clamoroso, anche se si trattava di uno spettacolo in due serate, per quasi sei ore di teatro complessive. Oggi non a caso Massini è subentrato a Ronconi, proprio per garantire al Piccolo un percorso sempre innovativo, capace di attrarre l’attenzione di un pubblico non tradizionale.

C’è infine una terza ragione. E sta nella trasformazione che Milano ha vissuto in questi anni. Milano è diventata una città vitale, in cui le proposte si moltiplicano e trovano sempre un loro pubblico attento e curioso delle novità. Basti pensare al successo di un’iniziativa come Bookcity, un festival del libro concentrato in quattro giorni e diffuso in tutta la città. Il criterio è semplice: regia leggera e grande spazio all’autopromozione di piccole e grandi case editrici, valorizzazione dei luoghi più impensati come luoghi potenzialmente attrattivi per incontri culturali.

 

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Quanto al teatro, bisogna ricordare che Milano ha anche due realtà private che sono straordinariamente vitali: il Teatro Franco Parenti e quello dell’Elfo. Sono due realtà che sono state pensate come “multisale” in cui il pubblico può trovare anche cinque spettacoli in una volta. Questo permette un abbattimento dei costi di struttura, un ventaglio di proposte diverse. E soprattutto dà spazio anche a percorsi sperimentali, tutto a favore di giovani, che non stanno solo in platea, ma trovano anche chance sul palcoscenico.

Quindi i dati di contesto sono favorevoli a exploit come quelli del Piccolo. Ma poi il teatro milanese, guidato dal direttore Sergio Escobar, ha messo qualcosa in più. Una capacità di rinnovarsi e di non vivere solo della gloria riflessa del proprio passato. Il suo status di Teatro d’Europa gli permette una corsia preferenziale su spettacoli di grande prestigio come il Gaudeamus di Lev Dodin, prodotto dal teatro di San Pietroburgo, che debutta domani. Il fatto che sia in russo con sottotitoli non ha dissuaso nessuno. Siamo al quasi tutto esaurito: e lo Streher con i suoi 968 posti non è un  teatrino...

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