A berli son buoni tutti, ma a farli...

Come diventare il Re dei cocktail

Come diventare il Re dei cocktail
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Poche cose sono in grado di metterti al centro dell’attenzione come saper fare un cocktail come Dio comanda. E non è un modo di dire, è veramente così. Possedere l’arte del cocktail perfetto non necessita di lezioni particolari, perché, alla fin dei conti, un cocktail non è altro che un miscuglio di alcol e sapori. Il vero segreto di ogni drink risiede in poche e semplici regole: una volta che si sanno, il resto è tutto in discesa. Grazie a queste regole potreste addirittura prendervi gioco del grandissimo James Bond. Già, perché se la guardia segreta più affascinante e nota del mondo pretende, rigorosamente, che il suo Martini sia «agitato, non mescolato», voi potreste sempre fargli notare che il fatto che il Martini vada proprio mescolato e non agitato è una delle regole auree dell’arte dei cocktail.

Ma quali sono, dunque, queste semplici regole? Le ha raccontate lo scrittore ed esperto di cocktail Robert Haynes-Peterson e noi ve le riportiamo, in modo tale che possiate diventare dei veri Re dei cocktail. Nel farli naturalmente, perché a berli son buoni tutti.

 

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1 – Strong, weak, sour e sweet. Fondamentale è, innanzitutto, sapere alla perfezione cosa state andando a fare. Per questo è importantissimo usare un vocabolario adatto alla situazione, ma, soprattutto, sapere di cosa state parlando. Strong, weak, sour e sweet sono termini basilari se volete preparare un cocktail. Quando si parla di “strong” vi state riferendo al protagonista principale del vostro drink, cioè l’alcolico che sta alla base del tutto, cioè, solitamente, vodka, gin o qualsiasi altro liquore vogliate; “weak”, invece, si riferisce ad un altro liquore, presente nel cocktail ma in maniera minore e solitamente di accompagnamento al principale e può essere, ad esempio, un vino liquoroso; “sour” va usato quando nel cocktail c’è una nota agrumata; “sweet”, invece, si riferisce alla dolcezza, più o meno intensa, del cocktail.

 

2 – Mescolare e non agitare. Evitiamo, dopo avergli tirato le orecchie, di ripetere l’errore che fa James Bond: tutti i cocktail che contengono solo liquori, non vanno agitati, ma mescolati, in modo tale l’aspetto del drink resti ricco e cristallino. L’arte del mescolamento, quindi, riguarda drink del calibro dei Manhattan, Negroni e Martini.

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3 – Agitare e non mescolare. Il contrario di quanto detto in precedenza va invece fatto per quei cocktail che presentano, oltre all’alcolico, anche succo di agrumi, uova (ne esistono, tranquilli) o creme. Agitare, possibilmente per un lungo periodo, è fondamentale per fare in modo che l’alcol si mischi alla perfezione con gli altri ingredienti del drink ed evitare quegli odiosi beveroni con tutto l’alcol sul fondo e gli altri sapori a bordo bicchiere. Purtroppo non tutti capiscono l’importanza di una lunga agitata ed è per questo che trovare un buon White Russian in giro è veramente difficile.

 

4 – Pestare con delicatezza. La Caipiroska è il cocktail “pestato” per eccellenza, ovvero un cocktail in cui gli ingredienti solidi vanno pestati per fare in modo che rilascino tutti i propri sapori all’interno del drink. Il segreto, in questi casi, è non pressare con forza, come ahimè fanno in molti, ma con delicatezza. Il rischio, infatti, è che alimenti, tipo il limone, rilascino poi nel cocktail l’amaro della propria buccia, rovinando il sapore del drink.

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5 – Filtrate, quando serve. Uno degli errori più banali, fatto purtroppo da tanti barman, è quello di servire immediatamente nel bicchiere il cocktail non appena è finita la preparazione. Talvolta, però, si rischia di rovinare l’intero drink: quando si usano bacche, erbe o frutti di bosco freschi, è assolutamente necessario filtrare, almeno due volte, il cocktail prima di servirlo, in modo tale da evitare fastidiosi rimasugli.

 

6 – Avere pazienza con le spremute. Un buon cocktail necessita anch’esso di materie prima di qualità. Se dunque avete intenzione di usare succhi di frutta, la cosa migliore è, ove possibile, ottenerli da sé, spremendo i frutti in questione. Ma dovete aver pazienza: le spremute di agrumi, infatti, hanno un sapore diverso man mano che “invecchiano”. Il consiglio è di preparare le vostre spremute almeno 4 ore prima di usarle per fare i cocktail, perché a quel punto avranno perso parte dell’acidità e saranno perfetti per unirsi agli alcolici. Questa regola, però, non vale per le arance: con queste la mossa giusta è spremerle al momento.

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7 – Zucchero is the way. Molti cocktail, senza ghiaccio, non hanno senso di esistere. Ma il ghiaccio, allo stesso tempo, ammorbidisce di molto i sapori. Il segreto, in questi casi, è mettere una dose extra di zucchero, il quale attenuerà l’effetto del ghiaccio e manterrà più vivi i sapori.

 

8 – L’importanza del ghiaccio. Come detto, il ghiaccio è fondamentale, ma perché renda al meglio dev’essere secco. Sarebbe un peccato che la vostra creazione venga vanificata dal ghiaccio sciolto. Un segreto, inoltre, è quello di usare, per fare il ghiaccio, dell’acqua demineralizzata, perché i cubetti vengono più chiari e rendono esteticamente più bello il cocktail.

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9 – I liquori buoni si bevono da soli. Se avete un liquore, qualsiasi esso sia, di qualità, evitate di usarlo per fare un cocktail. Perderà il suo pregio e non donerà alcun surplus alla vostra creazione. Fidatevi.

 

10 – Prima ciò che costa meno. Può sembrare una cavolata, ma è un trucco perfetto per ricordarsi come procedere nell’unione degli ingredienti: partite sempre dal versare quello meno costoso e così a salire. Per intenderci, prima i succhi, poi le bibite e solo infine gli alcolici. Il ghiaccio è l’unica eccezione: in qualsiasi caso va messo alla fine, per non far diluire il cocktail. Una regola che non segue praticamente mai nessun barman e con cui, ricordandola ad una festa, potrete certamente fare bella figura.

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