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Mio figlio è andato in Seminario Uno choc (che ci ha reso felici)

Mio figlio è andato in Seminario Uno choc (che ci ha reso felici)
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Le abbiamo trovate per caso, in fondo al classico cassetto in cui cerchi tutt’altro. Sono alcune fotografie scattate cinque anni fa, quando Michele, il nostro primogenito, ha ricevuto la Cresima nella Basilica di Gandino. Scatti di famiglia, sfuggiti a l l’album “ufficiale” del fotografo, nei quali Michele è un bambino, specie se paragonato al ragazzone di terza liceo che oggi ci sovrasta in altezza e dinamismo, come del resto i fratelli Gabriele e Raffaele. Eppure quel bambino della Cresima di soli undici anni era già da mesi in Seminario a Bergamo, iscritto in prima media.

In questi giorni in cui la Diocesi di Bergamo festeggia i nuovi ordinati (dopo due anni di astinenza), è bello rivivere l’emozione di quella scelta dell’estate 2011, di quel sogno "grande più di noi" che Michele tirò fuori dal cassetto con una naturalezza che ancora oggi ci spiazza. Sarà stata la normale carriera da chierichetto, la vicinanza delle nonne, la mamma catechista e volontaria del Gruppo Missionario, il papà legato al bollettino parrocchiale e il nonno sacrista. Oppure i suggerimenti cordiali di don Emilio e l’attenzione di don Innocente, magari l’umanità “ ossibile” e l’anticonformismo di don Alessandro in oratorio. Francamente non so dire, ma quando per Michele la scelta di entrare in Seminario a undici anni è diventata più di un’idea, dopo gli incontri di orientamento, al sottoscritto tutto è parso sostanzialmente normale, sicuramente possibile.

 

Gli studenti di III media presentano il loro servizio giornalistico sulle mafie ai compagni di I e II media, rispondendo alle loro domande.

Un successo!

Pubblicato da Scuola del Seminario Vescovile Giovanni XXIII di Bergamo su Sabato 13 maggio 2017

 

Per mamma Sara è stata invece un’estate di dubbi, possiamo dire di interrogativi, assolutamente comprensibili. Dopo tutto quel bambino “usciva di casa”, per vivere nella comunità delle Medie a 30 chilometri da noi, da lunedì a sabato. «Sarà una scelta azzardata? Una passione momentanea e fuggente? Un plagio ben orchestrato?» erano le domande che ricorrevano a ogni piè sospinto. Al papà in questi casi compete il ruolo del pompiere, di quello che qualche dubbio se lo pone, ma che se ne esce con sicurezza, quasi noncuranza, a tranquillizzare tutto e tutti. Io ricordo don Innocente su l l’angolo del mio divano nei giorni della decisione definitiva. Mia moglie Sara ricorda la chiacchierata con don Alessandro e nonna Rita davanti alla madonna di Ca’ Parecia. Ricordiamo l’attimo, come succede sempre nei momenti cruciali della vita di ciascuno.

A settembre, quando siamo arrivati una domenica sera nel palazzone “dietro la Marianna”, con quattro piani di scale senza ascensore, le valige e le camerette da tre con vista panoramica sulla città, le preoccupazioni di mamma Sara si erano ormai sciolte nella serena fiducia che i disegni di Dio sono spesso sorprendenti e imperscrutabili e che, soprattutto, Michele era il bambino più tranquillo del mondo, così come i suoi compagni d’avventura. Non avevamo fatto i conti con il “papà pompiere”, che improvvisamente si è visto cadere il mondo addosso. I dubbi cui in estate davo dotta spiegazione erano improvvisamente diventati tutti miei, e per un paio di settimane ho davvero faticato a sciogliere il nodo che attorcigliava la gola con la bocca dello stomaco. Poi una domenica sera Michele mi ha fatto notare come da quelle finestre non si vedesse solo la città, ma addirittura gli Appennini o, con il cielo terso, il Monviso. Nei fatti e nel cuore si è aperto un orizzonte infinito e l’avventura è iniziata davvero, appassionante più che mai.

 

Lavori in corso...

Preparate le scarpette e i palloni da calcetto (e anche da pallavolo).

Coming soon!

Pubblicato da Scuola del Seminario Vescovile Giovanni XXIII di Bergamo su Giovedì 18 maggio 2017

 

Certo, in questi anni ci sono stati i giorni di ansia anche per Michele, quelli in cui una telefonata serale era più di una coccola, ma anche quelli entusiasmanti per la pista di macchinine di don Gimmi, le partite del Mundialito e le gare di pallanuoto, le gite e la professione di fede. Il Seminario è diventato per noi e per tutte le altre famiglie un luogo normale, sereno e cordiale. Una parrocchia viva e vivace, a dispetto di quanti, da fuori, sono fermi agli stereotipi da “collegio” che faticano a essere superati. Molti, soprattutto i “vicini” dell’esperienza di fede in parrocchia, ancora ci chiedono se Michele «ha la sua libertà», «se può uscire», «se può usare il telefono», «se ha il tempo di divertirsi» e «se nello studio è seguito». Per chiudere con l’immancabile «e il cibo?». Ci siamo abituati a sorridere, a smentire le leggende metropolitane di un ambiente chiuso e conservatore.

Nella vita di comunità e a scuola, Michele e i suoi compagni hanno trovato un luogo ideale per coltivare la propria vocazione, non necessariamente sacerdotale. Ragazzi normali, gioiosi ed educati, seguiti con amore da giovani sacerdoti. Qualcuno obietterà che essendo di parte è facile “ingrassare il maiale”. A dire il vero ai maiali ci abbiamo anche pensato, quando don Gianluca ha lasciato la comunità delle medie perché chiamato in missione in Bolivia, nella Ciudad del Niño di Cochabamba. Doveva acquistare le scrofe per un piccolo allevamento sulle Ande, e siamo riusciti a dargli una mano. Come si sarebbe fatto in oratorio o in parrocchia. Nel 2011 arrivò anche un cagnolino randagio (Kitty), divenuto ovviamente la mascotte della comunità. Don Lorenzo, oggi docente in teologia e al tempo nella Comunità delle Medie, ne fece l’interprete di un libro in cui raccontava della vita del Seminario, dei suoi ambienti e dei suoi ragazzi. Il titolo di quel libro (credo semplicemente stampato in proprio) era Ragazzi con un sogno grande. Quello che quel bambino immortalato nelle foto della cresima ha tolto dal cassetto.

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