Un articolo del Corriere Bergamo

Quelli che lasciano un'offerta per la famiglia di Massimo Bossetti

Quelli che lasciano un'offerta per la famiglia di Massimo Bossetti
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Certamente è un gesto che piacerebbe a papa Francesco. Alla parrocchia di Sotto il Monte Giovanni XXIII, sotto la cui giurisdizione c’è anche la frazione Piana di Mapello, molte persone lasciano buste per aiutare la famiglia di Massimo Bossetti, il presunto assassino di Yara Gambirasio, in carcere dal 16 giugno dello scorso anno. Ne ha dato notizia l'edizione bergamasca del Corriere della Sera.

Il lavoro di Bossetti era l’unica entrata su cui poteva garantire la sua famiglia, così oggi la moglie Marita Comi si trova in difficoltà a sbarcare il bilancio, dovendo pensare ai tre figli che hanno solo 13, 8 e 5 anni. Lei da un anno cerca invano lavoro, e le uniche entrate le sarebbero state garantite dalle interviste concesse in esclusiva a giornali di gossip, sempre affamati di notizie sul caso di Yara. Oltretutto, alle spese quotidiane si assommano quelle relative al processo, che non sono certo indifferenti. Così mercoledì, con molto tatto e molto pudore, monsignor Claudio Dolcini, che dal 2011 è parroco a Sotto il Monte ha rivelato questo fenomeno assolutamente gratuito e per questo davvero sorprendente: molte persone lasciano nelle sue mani una busta per aiutare la famiglia di Marita Comi, in vista del Natale. «Non intendo quantificare questo fenomeno» ha raccontato don Claudio. «Ma è un fenomeno che comunque c’è e nasce tutto dal territorio. Chi viene in parrocchia per offrire un minimo di solidarietà economica non dice nulla sul processo in corso, lascia i soldi e basta. Non si tratta né di innocentisti né di colpevolisti, nel senso che io non chiedo nemmeno e non mi addentro in questi ragionamenti. La decisione sull’innocenza o la colpevolezza di Massimo spetta ai giudici del tribunale di Bergamo, ma in parrocchia certe dinamiche non entrano: questo è solo un esempio di carità cristiana».

 

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In sostanza, spontaneamente e contro ogni logica corrente le persone si sono sentite di venire in aiuto di una famiglia travolta da un fatto così drammatico. La cosa che colpisce è che la generosità prescinde dalle considerazioni sulla colpevolezza di Massimo Bossetti o meno. Non c’è quindi quel freno un po’ moralistico che considera inopportuno venire incontro ai bisogni di una famiglia su cui è calata quella terribile macchia. Invece è prevalso istintivamente un senso di solidarietà verso persone che oltre alle difficoltà materiali devono affrontare anche un vero terremoto affettivo. È questa libertà della generosità che colpisce e che certamente piacerebbe a papa Francesco. Una generosità inoltre molto naturale, che non è stata frutto di sollecitazioni particolari, e che non è stata richiesta da nessuno. Non c’è stato bisogno di campagne o di appelli per convincere le persone a fare la donazione. Tutto è scaturito per un istinto buono che c’è nel profondo di tante persone. In fondo è questo istinto buono che definisce l’identità di un popolo. Il parroco ha voluto renderlo noto. E ha fatto un gesto di grande civiltà. E che da solo smonta tante analisi a tinte fosche fatte su questo territorio ferito dalla tragedia di Yara.

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