Pippo Baudo come metro di paragone

Il cafonometro di Sanremo E una domanda: Vessicchio dov'è?

Il cafonometro di Sanremo E una domanda: Vessicchio dov'è?
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Scusateci, ma questa settimana va così: Festival, Festival, Festival. Non possiamo e non vogliamo parlare d'altro. Kermesse canora eccellente ed elegante, ma non immune a un po' di sana cafonaggine. Ecco le cafonate, fino alla sessantanovesima edizione.

 

10) Gli ospiti internazionali

Termometro della politica estera, l'ospite internazionale, si sa, è lo specchietto della considerazione fuori dallo stivale del Festival di Sanremo. Il pregiudizio diffuso per cui più l'ospite è big, più Sanremo è figo. Un po' di attesa per il forestiero famoso col padre italiano ci sta, ma non incafoniamoci troppo. Abbiamo anche noi italiani qualcosa da dire.

Livello cafonaggine: Vianello che ignora Madonna.

Piace perché: Victoria Cabello che si fa massaggiare i piedi da John Travolta.

 

9) Il cachet

Noia. Noia mortale. Ogni anno dobbiamo sentirci la polemica sulle cifre da capogiro che ricevono i conduttori, mentre il ministro del Lavoro si fa ritrarre sui social con una Postepay. Ragazzi, è così, teniamo la cafonata sotto controllo. È come discutere lo stipendio di CR7. Superfluo.

Livello cafonaggine: conti in tasca (altrui).

Piace perché: ci piace sapere che Baglioni ha di che vivere.

 

8) «La canzone al centro»

Ho cercato negli archivi Rai una conferenza stampa in cui il direttore artistico non abbia dichiarato che «questo Festival metterà la canzone al centro»: be', non pervenuta. Ma dai, che cafonata è mai questa? È il festival della canzone italiana e questa sarà la protagonista? Vorrei ben vedere! Ma se a un certo punto la farfallina di Belen fa un volo radente, se a Laetitia Casta sfugge il vestito ad altezza seno, e quelle fotografie diventano un manifesto, che sarà mai...

Livello cafonaggine: Fabio Fazio, ti vogliamo bene.

Piace perché: vogliamo la polemica!!

 

7) Il Dopofestival

Appendice del Festival, prestigioso salotto di conduttori selezionati e di qualità professionale sopraffina. Affermare che sia meglio del Festival stesso colloca subito in una fascia di ascoltatori raffinati ed eleganti, lontani dai soliti gusti commerciali, che aspettano fino a tarda notte per gustarsi un po' di buona televisione. Ma parliamoci chiaro: chi lo guarda?

Livello cafonaggine: notte infinita.

Piace perché: Rocco Papaleo.

 

6) Le gaffe

Sono cinque serate al cardiopalma per i professionisti coinvolti. Pretendere la perfezione non è possibile. Inciampare nel vestito è altamente probabile, dire una cavolata è consigliato, impappinarsi è inevitabile. La perfezione non è di questo mondo. Additare l'errore è molto cafone: tutti noi non facciamo altro che fallire miseramente alcune semplici operazioni di mobilità o spostamento fisico di oggetti, tutti i giorni, molte volte al giorno. Provate voi a camminare sui tacchi di Michelle.

Livello cafonaggine: Pippo Baudo che cade.

Piace perché: fa sempre ridere.

 

5) Vessicchio

BEPPE DOVE SEI?

Livello cafonaggine: «Dirige l'orchestra...».

Piace perché: «...il maestro Beppe Vessicchio».

 

4) I conduttori

Cafoni d'eccellenza condannati al fallimento. Possono solo fallire un po' meno e un po' meglio. Classica lose-lose situation, come la fai la sbagli. Termine di paragone: l'eterno Pippo Baudo, anche quando il Festival l'ha condotto Pippo Baudo. Grande cafone iper responsabile, per il conduttore l'Ariston è gigantesco e una macchina davvero troppo grande. Ma, del resto, lo è per tutti.

Livello cafonaggine: padrone di casa in smoking.

Piace perché: è uno sporco lavoro, ma qualcuno lo deve pur fare.

 

3) Il vincitore

Dai, cafonissmo. Sempre e comunque.

Livello cafonaggine: giuria demoscopica sotto sostanze.

Piace perché: Gabbani, ci manchi.

 

2) Il secondo classificato

Caro secondo, ci dispiace. Eri partito favorito, e invece... Se sei un vero secondo, ci sentiamo in radio.

Livello cafonaggine: giuria demoscopica sotto sostanze (di nuovo).

Piace perché: il vincitore morale non esiste.

 

1) L'Ariston

Provate a passarci di fronte in una giornata casuale, mettiamo in aprile. Pare quasi un posto normale, un teatro bellissimo ma inoffensivo. È la maledetta settimana di febbraio che lo vede trasformarsi in un mostro gigantesco, un tappeto di vip, un affare di Stato, uno psicodramma collettivo, una furia incontrollabile.

Livello cafonaggine: in diretta dal Teatro Ariston.

Piace perché: Sanremo è Sanremo.

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